Fondazione Mario Moderni (1911 - 2017)
Complesso Di Fondi
Consistenza archivistica: 69 buste
Storia archivistica:
La Fondazione Mario Moderni nasce a Roma nel 1925 per iniziativa del colonnello Pompeo Moderni e della moglie Rosa Gordini in seguito alla prematura morte del giovane sottotenente Mario, avvenuta il 3 novembre 1915 nei pressi di Volzana, in Val Camenca, durante un’azione bellica sul fronte dell’Isonzo. La Fondazione sorta dunque per volere dei due genitori con il fine di conservare la memoria del giovane attraverso l’istituzione di borse di studio da destinare a studenti meritevoli dell’Accademia di Belli Arti, il 16 maggio 1926 fu eretta in Ente Morale con Regio Decreto n. 1116.
Era il 14 gennaio del 1927 quando il primo Consiglio di amministrazione, presieduto da Guido Rousseau e che vede la partecipazione in qualità di uditrice della stessa Rosa Gordini Moderni, si riuniva per la prima volta con l’obiettivo di approvare lo statuto e di procedere alla formulazione del Regolamento di concorso per l’assegnazione delle borse di studio, dando così avvio all’attività della Fondazione. Dal verbale emerge che fu lo stesso Pompeo Moderni nel 1925 a compilare il primo statuto dell’ente che avrebbe ereditato il patrimonio destinato al figlio “in un’opera di beneficenza che avesse eternato il nome suo e quello della sua famiglia che con lui si spegneva”, il testo di tale statuto non è stato tuttavia rinvenuto tra le carte del Fondo.
La storia della gestione amministrativa della Fondazione, soggetto di diritto privato riconosciuto prima quale Ente morale/Opera pia, poi Istituto pubblico di assistenza e beneficenza (IPAB), riflette i vari passaggi dell’evoluzione normativa delle cosiddette istituzioni di pubblica assistenza e beneficenza ma soprattutto le particolarità di questi enti caratterizzati, da un lato, da un forte controllo pubblico e, dall’altro, da una larga autonomia funzionale.
Dal 1927 fino alla fine del 1944 la Fondazione fu infatti amministrata da un Consiglio di amministrazione presieduto da Guido Rousseau dal 1927 al 1930, da Giuseppe Cardinali dal 1932 al 1934, e da Filippo Vassalli dal 1934 al 1944. Con la caduta del Regime fascista e il conseguente avvio del processo di defascistizzazione, con decreto del prefetto di Roma dell’11 ottobre 1944, Paolo Emilio Paresce venne nominato commissario per la straordinaria gestione dell’Opera pia Fondazione Mario Moderni. Paresce rimarrà in carica fino al marzo del 1948, quando Franz Cosenz assumerà la funzione fino al 1955. Tra il 1955 e il 1985 la Fondazione tornerà all’ordinaria amministrazione, il Consiglio di amministrazione torna dunque a svolgere le sue funzioni e sarà presieduto per dieci anni da Wider Cesarini Sforza, (1955-1965), poi dal 1966 al 1973 da Roberto Marino. A partire dal 1985 la Regione Lazio, che a questa altezza aveva assunto tutte le competenze relative al settore socio-assistenziale, a causa dell’impossibilità di ricostruire l’organo di ordinaria amministrazione, nomina Vincenzino Mastrodomenico commissario regionale. Il commissariamento si protrasse di fatto fino al 1993 quando una serie di inadempienze da parte della stessa Regione Lazio e dello stesso commissario regionale, permise a Mastrodomenico di continuare a gestire l’ente in assenza di titolo formale e sostanziale fino al 2002, come testimoniato anche dalle Determinazioni commissariali dal 1985 al 2002. Nel 2002 la Regione Lazio avviò una ricognizione delle IPAB finalizzata alla predisposizione della legge regionale di riforma in virtù delle trasformazioni dettate dalla normativa nazionale di riferimento e provvede così alla nomina di un nuovo commissario regionale nella persona di Massimiliano Monnanni. È proprio a partire da questa data, come testimoniato dalle carte, che la Fondazione vede un’operosa ripresa delle attività.
Nel complesso la documentazione copre un arco cronologico che va dal 1911 al 2017. Se si considerano i cento anni di vita della Fondazione e le numerose attività svolte a partire dai primi anni Duemila, i documenti giunti fino a noi risultano avere una consistenza molto esigua.
Di molte attività si ha contezza da un lato in quanto descritte nei documenti costitutivi, è il caso della principale delle attività ovvero l’erogazione di borse di studio, dall’altro grazie a resoconti periodici che confluiscono via via nel racconto che la Fondazione fa di sé stessa a partire dal 2002 a scopo di comunicazione. Dallo sguardo di insieme che proponiamo più avanti emerge con chiarezza che il nucleo documentale più corposo del periodo antecedente la gestione di Massimiliano Monnanni afferisce all’attività amministrativa: si tratta sostanzialmente dei documenti per la redazione dei bilanci e dei bilanci stessi da un lato e dall’altro di documentazione inerente la gestione del patrimonio immobiliare. Una felice eccezione è rappresentata dai registri dei verbali delle riunioni del Consiglio di amministrazione, che copre il periodo che dal 1927 ci porta fino al 1945, e dalla delibere del Cda e determine commissariali, che coprendo il periodo immediatamente successivo, dal 1945 arriva al 2002.
Dalla lettura dei documenti è emersa peraltro da subito una certa volatilità delle sedi operative, il che contribuisce a spiegare assenze documentali così evidenti. Non è un caso che la serie più completa sia quella che raccoglie i documenti che testimoniano l’amministrazione della contabilità e la gestione del patrimonio immobiliare, dai contratti di locazione alla riscossione delle pigioni alle spese di manutenzione alle acquisizioni. In anni più recenti i documenti conservati fino a quel momento, ed evidentemente ritenuti ormai non più utili per lo svolgimento dell’attività corrente, sono stati inscatolati e trasferiti in un deposito, dal quale sono stati trasportati nella sede attuale a giugno 2025 in ragione di questo intervento.
La compresenza di documenti riferibili a soggetti produttori diversi, emersa già durante la prima ricognizione e che ha portato pertanto alla presentazione del presente progetto di intervento, è stata ampiamente confermata dall’analisi più approfondita condotta in questa fase. Oltre alla documentazione riconducibile alla Fondazione sono stati infatti individuati diversi nuclei documentali afferenti a enti diversi seppur in una qualche forma di relazione con la stessa Fondazione. Tra le carte relative all’attività amministrativa degli anni Quaranta-Sessanta sono stati individuati diversi fascicoli appartenenti al Fondo Opera pia Salvatore Nonnini, ente estinto di cui la Fondazione Mario Moderni eredita l’amministrazione del patrimonio residuo e del quale non è stato possibile trovare notizie circa la sua storia, e alcuni fascicoli appartenenti all’archivio della Fondazione Nicolò Piccolomini per l’Accademia di arte drammatica, nata nel 1943, con la quale negli anni 1951-1964, data dei documenti rinvenuti, la Fondazione condivide anche la sede all’epoca situata in Via S. Stefano Rotondo, 5 A, oggi sede dell’Azienda ospedaliera San Giovanni Addolorata. Questi nuclei, insieme alle Carte della Famiglia Moderni, alla Collezione di stereoscopie, e una collezione di fotografie provenienti dall’Archivio fotografico della rivista Tempo, sono state riunite nella sezione Altri fondi e collezioni.
Tra le carte relative all’attività degli anni Duemila sono stati invece rintracciati diversi nuclei documentali, anche in questo caso caratterizzati da un alto grado di frammentarietà, riconducibili a quattro diversi soggetti produttori in qualche modo nati proprio in funzione dello svolgimento dell’attività della Fondazione Moderni. Si tratta in particolare di documentazione prodotta dalla Cooperativa sociale – ONLUS Artisti Moderni, dall’Associazione Generazioni Moderne – Forum europeo delle aggregazioni giovanili, entrambe nate nel 2008, dall’Associazione Rete NEAR – Rete nazionale contro ogni forma di discriminazione nata nel 2013, e dall’Associazione Tempi Moderni della quale non si conosce la data di istituzione. Questa proliferazione di soggetti produttori che si verifica negli anni Duemila sembrerebbe essere stata determinata, quantomeno in parte, da esigenze burocratiche al fine di rispondere con strutture più agili a bandi pubblici e con l’obiettivo di ampliare l’ambito di azione con attività specifiche originariamente non previste dallo statuto della Fondazione seppur in linea con le finalità generali. In virtù dell’intersecarsi delle attività di questi soggetti, come ampiamente testimoniato dalle carte, si è pertanto scelto di definire tali nuclei ricorrendo alla definizione di subfondi.
L’individuazione dei diversi soggetti produttori, dunque l’attribuzione dei vari incarti ad essi afferenti, ha costituito l’attività principale del presente intervento. Attività resa ulteriormente complessa dell’omonimia tra i nomi di questi organismi e diversi titoli di progetti spesso realizzati congiuntamente da questi diversi enti.
Nel complesso sono state individuate o costituite, laddove la documentazione è stata rinvenuta sciolta, le unità archivistiche e successivamente si è provveduto al loro ricondizionamento fisico, poi alla loro organizzazione in serie archivistiche nei casi in cui è stato possibile, evitando invece la creazione di forzati livelli di descrizione laddove i nuclei sono risultati particolarmente lacunosi e scarni. Nelle diverse parti introduttive, oltre alle consistenze in termini di buste e unità archivistiche, sono stati infine segnalati, con uno sguardo rivolto al futuro, i nuclei archivistici che necessitano di un intervento di restauro conservativo e per i quali si dovrà provvedere all’eliminazione di punti metallici in stato di ossidazione.
Link risorsa: https://archivio.centrostudiventotene-santostefano.it/fonds/5036